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Sciroppo contro l´indifferenza che brucia le coscienze

Parlare di politica, crisi di governo e problemi economici non è facile, perché ultimamente questi argomenti vengono inevitabilmente associati ad un discorso noioso oppure si pensa subito a qualcosa di malfatto o di natura immutabile. Perciò mi baserò, per la descrizione dei fatti avvenuti prima e dopo la crisi di governo, solamente su articoli usciti sui giornali (anche stranieri) per poi aggiungere un elemento di analisi dei fatti, frutto, invece, di ricerche di giornalisti e analisti politici indipendenti.

All’inizio di giugno 2018 nasce il governo giallo-verde, una coalizione tra Movimento 5 Stelle e Lega. Esso starà in carica circa 14 mesi ma, come afferma il Time, noto giornale londinese, ciò non stupisce affatto, poiché l’Italia, nei suoi 74 anni di storia repubblicana, ha visto nascere e morire ben 67 governi. Il giornale scrive, circa i punti fondamentali dell’agenda dei due partiti, che la Lega puntava a fermare il flusso migratorio e a ridurre le tasse, mentre il M5S era intenzionato a introdurre il reddito di cittadinanza e a riformare radicalmente il sistema politico italiano. Da ciò che affermano i giornali, negli ultimi mesi, tra le due fazioni si erano create forti tensioni causate da disaccordi su diversi fronti, come quello sull’immigrazione, la TAV e i rapporti con l’Unione Europea. A questo proposito bisogna ricordare che Lega e M5S avevano fondato la campagna elettorale su un programma anti-europeista che è stato poi ribaltato completamente dal partito “anti-establishment”, il M5S.

A questo punto, quindi, l’ex vice-premier Matteo Salvini apre una crisi di governo con una definitiva chiusura dell’alleanza giallo-verde, il 20 agosto 2019. Le possibilità considerate furono: un ritorno alle urne, una nuova alleanza tra PD e M5S o un governo tecnocratico. La prima possibilità suonò, stando a quanto riportano i giornali, troppo caotica e costosa, soprattutto rispetto alla scadenza imposta dall’Unione Europea all’Italia sul bilancio per il 2020. Quest’ultimo deve essere, infatti, calcolato secondo parametri europei e presentato entro la fine dell’anno. L’Europa era molto preoccupata per la situazione economica della nostra nazione e voleva evitare il disastro successo in Grecia. L’Unione ha quindi deciso che, se l’Italia non rispettava questa scadenza, sarebbe stata costretta ad intervenire; ciò avrebbe significato un aumento dell’iva sui beni di consumo e un importante taglio dei costi e degli investimenti (abbassamento delle pensioni, degli stipendi e del sostegno pubblico allo stato sociale).

Inoltre un ritorno alle urne avrebbe significato una vittoria quasi certa della Lega, che nel frattempo aveva acquisito popolarità proprio per la sua posizione critica verso l’Europa.

La scelta fu una nuova coalizione tra il PD e il M5S, alleanza impensabile fino al giorno prima. Il M5S era nato, infatti, come partito anti-sistema di cui il PD era il massimo esponente. Il neo-governo viene ufficializzato il 5 settembre e la prima questione discussa nel Consiglio dei Ministri è proprio il bilancio 2020.

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Esaminando con attenzione gli eventi mi sorgono alcune domande. Per esempio: perché il M5S ha completamento rovesciato la sua critica all’euro? E perché, andando contro uno dei capisaldi espressi chiaramente fin dall’inizio dal fondatore, si è alleato con il PD, che a sua volta non sembrava tollerare il partito “anti-establishment” (come inizialmente si definiva il M5S)?

Inoltre: perché, se la sovranità appartiene al popolo, quest’ultimo non ha avuto la possibilità di esprimersi attraverso il voto? E se la risposta fosse “per ragioni economiche e per la scadenza del bilancio 2020”, mi verrebbe da chiedere: perché l’istituzione europea può esercitare un tale potere su una nazione che per Costituzione è sovrana di se stessa?

Si potrebbe rispondere: “Beh, quando uno Stato non è capace di gestirsi autonomamente, deve intervenire l’Europa, per il bene del popolo di quella nazione e per non lasciarla cadere in una crisi economica”. Ma se questa salvatrice della patria volesse davvero il bene del popolo, diminuirebbe forse gli stipendi? Taglierebbe le risorse che sostengono gli enti che si occupano del sociale? Aumenterebbe il costo dei beni di consumo?

E ancora: perché l’Unione Europea può imporre le proprie regole senza che gli Stati possano essere autonomi nelle proprie scelte? Qui entra in gioco la questione della moneta e del famosissimo ricatto del debito pubblico che, in sostanza, è una somma di denaro che non esiste e che non verrà mai ripagata. Bisogna sapere, infatti, che le banconote nelle nostre tasche non sono nostre e non sono nemmeno dello Stato. Di chi sono allora? Della Banca Centrale Europea. Si chiama moneta a debito. Vuol dire che tu, Stato membro, non puoi più stampare la tua moneta ma la devi chiedere in prestito ad una banca che si suppone essere pubblica ma che in realtà è privata.

Qual è il meccanismo? Tu non hai un soldo, io te ne presto 100 e l’anno dopo te ne chiedo 105. Ma quei 5 in più non li hai, perciò sei costretto chiedere un prestito che ovviamente ha degli interessi e quindi è un circolo vizioso che può essere cambiato con il recupero della moneta sovrana o con un radicale cambiamento delle regole sull’euro. Se una nazione ha potere sulla propria moneta, non avrà alcun debito da saldare, e potrà lavorare autonomamente sulla propria economia.

Sovranità nazionale non è isolamento ma libertà e rispetto tra i popoli, principi fondanti della nostra Costituzione.

Maia B. XII cl.



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