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La Luce nella Divina Commedia

La luce è un elemento che accompagna Dante lungo tutto il suo viaggio. Come ricorda nei primi versi il poeta, però, “il cammin” non è soltanto della sua vita, bensì di “nostra vita”.

Dante sta infatti raccontando qualcosa di universale che riguarda il percorso dell’umanità intera, visione che è necessario mantenere per cogliere gli infiniti insegnamenti di quest’opera.

Nel poema bisogna, inoltre, sottolineare che la luce simboleggia la presenza di Dio, che appare in varie forme e con diverse intensità a seconda del luogo in cui ci si trova, ossia a seconda del momento evolutivo che ogni spirito (quindi ogni essere umano) sta vivendo.

Nel buio infernale il lume che guida Dante è quello della ragione, che nel poema s’incarna in Virgilio e la sua lanterna. L’uomo è dunque perso nella selva delle proprie barbare e selvagge pulsioni, quando una scintilla di senno arriva ad illuminare la via. La ragione è ciò che l’uomo deve sviluppare per evolvere da questo primo stadio bestiale, rivela il poeta.

Nel Purgatorio, ad illuminare la strada, c’è la luce divina del sole. Giunto a questo punto evolutivo, dunque, l’uomo ha ritrovato in sé quella fiamma divina che lo guiderà fino a Dio.

Uscito dall’Inferno, il poeta ha preso coscienza del proprio egoismo e dei propri peccati (intesi come occasioni di crescita sprecate, come spiega il significato originale della parola), ossia da ciò che lo teneva nel buio dell’inconsapevolezza. Egli è, quindi, pronto per purificarsi.

Gli spiriti del Purgatorio, però, vivono anche il momento della notte. Non è un caso che Virgilio sia ancora presente. Il processo di purificazione è infatti particolarmente lungo e difficile; ciò rende ancora necessario il sostegno della ragione.

Nell’elevarsi verso il divino non esistono pause statiche, è una continua ricerca, un costante approfondimento di se stessi e ciò non è affatto semplice da affrontare per l’uomo. Egli deve quindi aiutarsi ancora con quella forza mentale illuminata, la quale, però, si distacca sempre più dal ruolo di guida, assumendo quello di accompagnatore.

Dante, quindi l’Umanità, sta infatti già accrescendo dentro di sé un’altra forza, quella dell’Amore incondizionato. Essa si manifesta, infatti, nella sua forma più pura con l’apparizione della luminosa Beatrice sulla cima del monte del Purgatorio.

Nel Paradiso l´elemento della luce e il ruolo della vista diventano fondamentali. I cieli dei beati sono, infatti, costantemente illuminati dall´abbagliante luce divina, mentre la vista di Dante si affina sempre più.

Il poeta racconta, quindi, che più si è vicini a Dio, più ampia diviene la visione del tutto.

Il Divino è, dunque, la fonte di luce nell’Universo e l’Amore è il mezzo con il quale questa forza si accresce dentro ogni uomo. Dante rivela all’Umanità che soltanto affidandosi al flusso dell’amore si potrà essere guidati alla luce eterna e si riuscirà ad allineare il proprio desiderio con quello del divino, verso un’evoluzione comune.

Maia B. XIII cl.

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