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Passato, presente e futuro

Lavoro artistico ispirato all’arte di Betye Saar, artista afro-americana famosa per le sue opere realizzate mettendo insieme disegni, dipinti, oggetti e fotografie. Assemblaggi di materiali diversi, per creare nuove iconografie evocative, capaci di coinvolgere l’osservatore in suggestive narrazioni, dove passato, presente e futuro si intersecano. Gli studenti di XIII classe, dopo aver osservato le opere dell’artista, sono stati invitati a realizzare i loro assemblaggi, trovando ispirazione nella loro biografia personale, con uno sguardo attento al passato, a ciò che ora stanno vivendo e immaginando ciò che verrà. L’esperienza si è conclusa con un’esposizione a scuola di tutte le loro opere, un momento in cui ogni ragazzo ha potuto mostrare e illustrare verbalmente agli invitati ciò che aveva realizzato.


Il viaggio nel tempo

Questo breve articolo vuole raccontare di un viaggio, ma non un viaggio qualsiasi, e nemmeno di quei fantascientifici viaggi nel tempo, qui tutto è reale, come ciò che i nostri occhi hanno potuto vedere, le nostre orecchie sentire ed i nostri cuori percepire dalle atmosfere venutesi a creare.
Ma andiamo per ordine, ci troviamo nell’aula grande di euritmia che per l’occasione è stata trasformata in una sala museale. Al suo interno, accuratamente posizionate, troviamo decine di opere d’arte; accanto a ciascuna il proprio autore, pronto ad accogliere noi visitatori, curiosi di ascoltare e porre domande. Il tutor Carlo Gazzola, accompagnato dall’insegnante d’Arte Stefania Sala, introducono il tema dato ai ragazzi “Passato, Presente, Futuro”. Un tema che in molti genitori suscita immagini già di per sé, considerando che questo evento si svolge a valle di tredici anni trascorsi a condividere riunioni di classe, feste di primavera, bazar e molte altre iniziative…
La descrizione di apertura termina e finalmente ci viene data la possibilità di muoverci liberamente nello spazio indirizzandoci verso quelle opere che più suscitano la nostra curiosità. Prima di muovere alcuni passi, il mio sguardo si sofferma ad osservare le atmosfere che si vengono a creare: ricordo molti di loro con il grembiulino che sfiorava le caviglie… ora, vederli descrivere con tanta passione ciò che hanno trasformato in oggetti d’arte, mi suscita un po’ di emozione nel profondo del cuore.
Il tour inizia con uno strano albero, realizzato intrecciando un filo d’acciaio molto sottile,  fino a creare un grosso tronco che si estende verso l’alto, sembra un bonsai, ma a renderlo ancora più interessante, è la presenza sui rami di alcuni ingranaggi di un orologio, dal quadrante ad altre sue parti. Edoardo ci descrive ciò che lo ha ispirato ed anche la difficoltà a trovare un vecchio orologio con degli ingranaggi, ahimè il digitale non ha risparmiato nessuno, nemmeno i cari vecchi orologi.
Un’altra opera che mi ha molto colpito è stato un ramoscello, sempre realizzato con filo d’acciaio, alla cui base era posta la rotella di un vecchio pattino, Sui rami che si protendevano verso il cielo, erano state fissate alcune fotografie dell’autrice da piccola, e fino a qui era tutto molto interessante, ma poi interviene la magia, sì perché Sofia accende due faretti e ci fa notare le strane ombre che  quelle immagini proiettano sullo sfondo rosso, posto dietro all’opera, ed ecco che tutto assume il sapore di un’opera dinamica: il suo passato di pattinatrice, lei nelle sue varie fasi di crescita e quei fasci di luce che la proiettano nel futuro, assumendo forme che ognuno può liberamente interpretare, dandogli il significato che più lo gratifica.
Il percorso prosegue tra ghiacci che si sciolgono, piatti che vengono infranti davanti a noi, strani oggetti che si elevano nella loro verticalità assumendo forme di fari in mezzo al mare, uomini di latta, sculture lignee, quadri floreali tridimensionali, aquiloni pronti a spiccare il volo nel cielo, sospinti dal desiderio di conoscere sé stessi, per conoscere il mondo.
Rudolf Steiner scriveva che l’arte è spirito che si fa materia e quel giorno ognuno di noi ritengo ne abbia avuto riprova. Quei bimbi che si rincorrevano nel giardino della scuola, ora sono anime che  hanno condiviso elementi profondi di se stessi, custoditi e coltivati in tutti questi anni e manifestati oggi attraverso le loro opere d’arte. A noi, passeggeri di questo viaggio nel tempo, non è rimasto che metterci comodi e lasciarci trasportare dai loro sentimenti in un’atmosfera che ricordava quei salotti artistici della Bauhaus del 1919, esattamente l’anno in cui venne fondata la prima scuola Steiner-Waldorf a Stoccarda.

Grazie ragazzi, siete ciò che di più meraviglioso noi genitori si abbia fatto in questa nostra vita.

papà Stefano


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