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Arte e artigianato in VII classe: La bambola

ll piano di studi della Scuola Waldorf nasce e si sviluppa a partire dalla conoscenza della natura dell’essere umano in divenire e quindi si accorda alle varie tappe evolutive che il bambino attraversa durante il suo percorso scolastico.

La settima classe è un anno di profondi cambiamenti, spesso accompagnati da crisi individuali che si manifestano in modi molto differenti.

I ragazzi stanno vivendo cambiamenti fisiologici importanti, crescono rapidamente e, questa volta, l’allungamento del sistema osseo non è seguito da un corrispondente allungamento muscolare, e questo incide molto sulla qualità del movimento che spesso diventa più pesante e goffo.

Inoltre siamo negli anni della “maturità sessuale”, o come più propriamente indicato da Steiner della “maturità terrestre”: la relazione verso il mondo si trasforma e l´amore si estende a tutto, diventa un intimo impulso ad agire.

Ad una rapida crescita fisica corrispondono grandi cambiamenti interiori e spesso una eccessiva sensibilità emotiva. L´anima dei ragazzi irrompe nel mondo e diventa come una cassa di risonanza. Spesso i loro atteggiamenti sconvolgono gli adulti ma non dobbiamo dimenticare che anche i ragazzi sono sconvolti. La nascita del corpo astrale muove il desiderio di conoscenza verso il mondo ma mette in subbuglio l´animo dei ragazzi che iniziano a percepirsi come individualità uniche e provano entusiasmo, gioia e interesse accanto a vergogna, dubbi e paure.

Tutte le discipline scolastiche, la storia, la geografia, le scienze, conducono il ragazzo alla scoperta di nuovi mondi e di culture differenti. Si destano le forze di pensiero, l’autorità non è più accolta ma sfidata e messa alla prova nel suo essere moralmente degna di essere guida e tutti i ragazzi iniziano i primi passi verso la ricerca del vero.

PERCHE’ REALIZZARE UNA BAMBOLA

Da un punto di vista etimologico, in latino “pupa” significa bambola, pupazzo ma anche trasformazione, crisalide, fase di preparazione prima della nascita della farfalla.

Basterebbe questo per comprendere, alla luce delle caratteristiche della tappa antropologica della settima classe, il motivo per cui realizzare una bambola in stoffa è un processo sano ed adeguato per elaborare questo periodo di grandi cambiamenti interiori.

Il processo è molto lungo e articolato, vengono coinvolte tutte le sfere dell´essere umano, pensare, sentire e volere. Ai ragazzi sono richieste abilità, attenzione e dedizione nella realizzazione di un manufatto in cui si crea uno specchio di un´invisibile realtà interiore .

In tutto questo la bellezza ha un ruolo fondamentale.

Non si tratta di una bellezza estetica, ma della ricerca di un’armonia che manifesta forze morali, che si incarnano sulla terra.

L’attenzione alle proporzioni, all’armonia fra le parti, la cura per i lineamenti, per le forme, tutto concorre ad educare un rispettoso incontro con l’essere umano.

“Si strappa il rapporto con lo spirito quando non viene mantenuto attraverso la bellezza.”

Rudolf Steiner, Parole di verità

 

 

LA BAMBOLA

La bambola è un oggetto di antichissime origini, inizia la sua vicenda storica nella notte dei tempi. Ne è stato trovato infatti, un esemplare con testa lignea e corpo di stoffa, anche in una tomba dell´antico Egitto, presso il sarcofago di una fanciulla.

Da oggetto religioso, augurale e propiziatorio, si è evoluto, accompagnando la cultura dell’umanità. Ma mentre è divenuto un oggetto prettamente estetico, da collezione, per le classi economicamente abbienti, ha invece mantenuto vivo il suo valore essenziale nelle famiglie contadine, nelle situazioni in cui non c’era la possibilità di acquistare giocattoli o soprammobili, dove un fazzoletto annodato assumeva le sembianze di un amico con cui poter giocare ed intrattenersi.

Nel 1919 viene fondata la prima “Scuola Waldorf” e, contestualmente, il ruolo della bambola viene compenetrato di importanti possibilità educative, soprattutto nello sviluppo del bambino piccolo, di cui farò solo cenno, rinviando ad altri articoli che sono stati pubblicati e che riguardano proprio il suo senso pedagogico dal punto di vista di una antropologia antroposofica.

Nella delicata relazione che si sviluppa giorno dopo giorno tra adulto e bambino, tutto ciò che si crea attorno a una bambola può diventare una vera scuola di amore umano e amore di vita, e donare al bambino gioia nei rapporti, nutrendo le forze vitali e favorendo lo sviluppo sano del suo essere.

Per meglio esporre il suo pensiero, Steiner porta un confronto tra la “cosiddetta bella bambola” e una “bambola veramente bella“. La prima, che ai suoi tempi sapeva solo parlare e muovere gli occhi, (e che oggi sa fare molto di più) ha in sé un elemento meccanico che la rende “verosimile” da un punto di vista esteriore, ma fredda e priva di vita, ingabbiata in una espressività fissa, che richiede un movimento esterno per poter manifestare un diverso stato d’animo.

La bambola veramente bella, che ci viene descritta da Steiner, può essere semplicemente costituita da un pezzo di stoffa annodato o legato, in modo tale che nella parte superiore si formi la testa, con occhi naso e bocca, di cui gli ultimi due non sono indispensabili. Se poi si annodano i due angoli superiori e quelli inferiori, questa bambola avrà anche braccia e gambe.

Una bambola che sia stata realizzata nei suoi elementi essenziali e che non sia stata rifinita può esprimere sensazioni differenti, può essere triste o felice, coraggiosa o timorosa, sveglia o addormentata, il tutto solo attraverso piccole variazioni e aggiunte, oppure anche solo rispondendo alla diversa predisposizione e fantasia del bambino.

Tutto questo genera forze plasmatrici che, dall’interiorità del bambino, agiscono in tutto il suo essere compenetrandolo di forze di sana crescita e di impulsi morali.

“Con questo ho voluto soltanto indicare come il bambino abbia una meravigliosa forza plastica che agisce interiormente. Come il bambino di continuo lavori su sé stesso come uno scultore. Dandogli la bambola fatta da un fazzoletto, le forze formative plastiche, che dall’intero organismo salgono al cervello, e che in realtà lo elaborano, dal sistema ritmico, dal respiro e dalla circolazione del sangue salgono dolcemente al cervello. Esse plasmano il cervello infantile, come lavora uno scultore che con mano agile e abile, compenetrata di spirito e di anima, elabora il materiale della sua scultura; tutto si svolge in plasmabilità e in sviluppo organico.”

Rudolf Steiner, Vita spirituale del presente ed educazione.

In questa realtà, nel bel mezzo di essa, si trova la bambola e al tempo stesso si trova al centro del campo pedagogico, ed attraversa con sfumature differenti tutta la fase evolutiva del primo settennio e parte del secondo.

La bambola destinata al gioco nel primo settennio è realizzata in modo amorevole ed accurato, con particolari proporzioni fra testa e corpo che le conferiscono proprio l’aspetto e la sensazione di essere un neonato di cui prendersi cura. E’ commovente osservare come un bambino del giardino d’infanzia prenda in braccio una bambola, la riponga nella sua culla, oppure la porti a spasso nel passeggino, attivando quelle forze di amorevole cura che ha respirato nella prima infanzia e che giacciono nella sua interiorità nascente.

La bambola realizzata in settima classe invece non ha la stessa valenza di “giocattolo”, ma assume un ruolo ed un significato differente. Alcune caratteristiche rimangono comuni, come l’importanza del non definire dettagli che altrimenti frenano la possibilità di muovere la fantasia, la cura delle proporzioni e la ricerca di armonia fra le forme. Ma l’aspetto è più vicino alla fisionomia di un ragazzo, le gambe e le braccia sono più sottili, e la testa più piccola e con una forma allungata. Non appena viene confezionata infatti, i ragazzi iniziano ad immaginare di pettinarla alla moda, o di vestirla con i jeans, e tutto questo non accadrebbe se avessero in mano una bambola con le fattezze di un neonato.

Nonostante queste manifestazioni esteriori, rimango sempre stupita della serietà che ciascun ragazzo sa avere nel portare a termine il suo lavoro, e si coglie una crescente emozione mano a mano che le fattezze prendono forma.

La consapevolezza dei ragazzi la rende una esperienza in cui sperimentare ancora meraviglia e nutrire la sacralità dell’essere umano in quanto tale, al di là delle differenze e dei ruoli.

 

REALIZZAZIONE PRATICA

All´inizio del processo i ragazzi vengono messi di fronte ad immagini di volti provenienti da luoghi e culture differenti, ed affrontano un’osservazione spregiudicata delle forme, dei colori, delle razze, dei costumi, e di tutto quello che permette loro di sperimentare la bellezza della diversità.

In questo modo possono scorgere come mutano le diverse proporzioni che ci sono all´interno di un volto con il passare degli anni, le differenze fra il viso rotondo di un neonato e quello allungato di un uomo anziano. Possono osservare e sperimentare su di loro, il differente rapporto tra la misura della testa e quella del corpo, non per definire, ma per caratterizzare un processo di crescita di cui loro possono diventare sempre più consapevoli.

Come accade realmente nell’embriologia umana, il primo atto è la creazione di un piccolo “semino” di lana cardata, attorno al quale ciascuno avvolge strati successivi di morbida lana per creare il proprio capo, senza una predefinita forma esterna come accadeva ad esempio nell’animale. Solo una volta raggiunta la dimensione desiderata la testa viene avvolta da una stella di falde di lana che formeranno poi il collo ed il tronco della bambola.

Questo è forse il momento in cui si crea maggiormente un’atmosfera di grande sacralità, ed ogni anno mi stupisco di come questi ragazzi siano ancora in grado di immergersi nel gesto, senza troppe parole, di ascoltare e meravigliarsi nel sentire che si sta creando qualcosa di nuovo.

Una volta realizzato il proprio “capo”, questo viene racchiuso in un tubolare di cotone ed inizia a prendere forma attraverso legature successive. Prima viene fissato il collo, poi vengono segnate la linea degli occhi e quella delle guance per dare forma al volto. In seguito ciascun ragazzo sceglierà il colore dell´incarnato della propria bambola e si procederà a rivestire la testa con una maglina colorata che verrà cucita addosso, con un processo lungo e molto complesso che richiede pazienza e accuratezza, in quanto non si devono formare rughe e pieghe sul viso.

A questo punto arriva il secondo momento di maggior coinvolgimento per i ragazzi.

Dalla misura del capo, viene ricavato il cartamodello del corpo. Misurata la larghezza e la lunghezza della testa, si procede con una lezione di disegno geometrico, perché tutte le parti del corpo rispondono a precise proporzioni matematiche.

C’è sempre grande entusiasmo nello scoprire la formula che lega le varie dimensioni di parti del corpo fra di loro: la lunghezza del piede a quella della testa, o la misura del braccio rispetto a quella delle cosce. La bambola che accompagna il bambino nel primo settennio ha una proporzione fra testa e corpo di 1:4, più simile a quella di un neonato, mentre la bambola che si realizza con i ragazzi ha una proporzione di 1:5, il che la rende più riconoscibile ad una fase di crescita simile a quella che vivono loro.

Il cartamodello realizzato viene poi ritagliato e applicato sulla maglina, in modo da poter creare il corpo e le braccia che andranno cuciti, imbottiti e uniti alla testa. Il processo è lungo ed estremamente laborioso, le cuciture devono essere precise ed accurate; dedicarsi con tanta attenzione a tutte le parti del corpo di questa bambola ha, in alcuni passaggi, un aspetto quasi rituale, in cui ogni ragazzo o ragazza, dando forma ad una nuova creatura, abbandona un piccolo pezzetto della propria fanciullezza.

Terminate le cuciture e l’imbottitura di gambe e braccia, le varie parti vengono composte e gli arti uniti al tronco, generando un’esperienza non cosciente, di quanto Steiner sostiene nella decima conferenza di “Antropologia”

“Abbiamo messo in rilievo che la forma del “capo” è essenzialmente sferica, e che in questa forma sferica, risiede la vera essenza corporea della testa umana. Poi abbiamo rilevato che la parte “petto” dell’uomo è un frammento di sfera (…) Ora, in queste due parti dell’uomo, e specialmente per l’osservazione esteriore, sono inseriti, nel tronco, gli “arti”.

(..) Le membra sono il frammento di un grande corpo celeste che si introduce continuamente con i suoi raggi nella figura umana. (..) Da quanto vi ho detto potrete dedurre che gli arti sono piuttosto in relazione con l’universo, la testa piuttosto con l’uomo stesso.”

L’unione delle varie parti è abbastanza impegnativa, le cuciture sono difficili e richiedono pazienza ed abilità. Ma l’entusiasmo si accende man mano che la bambola prende forma e questo sostiene i ragazzi nei momenti difficili.

Terminata questa fase, la bambola è finalmente completa, ma ancora senza vita. Inizia ora la laboriosa realizzazione dei capelli e da questo momento i ragazzi iniziano a prendere davvero confidenza con la propria creazione, a scorgere un carattere, decidono se avrà i capelli lunghi o corti, biondi bruni, se sarà maschio o femmina.

Dopo aver realizzato ai ferri una base che verrà poi cucita sulla testa, si applicano i cappelli uno ad uno, con l’ausilio di un ago o di un uncinetto. Il processo è lungo ma non presenta difficoltà, ed ‘è quindi un momento di impegno che lascia ampio spazio per il dialogo e le chiacchiere, durante le lezioni.

Si giunge così all’ultima fase impegnativa sia nella realizzazione che nel sentimento che genera interiormente: la realizzazione di occhi e bocca.

Negli anni ho sentito che questo è davvero l’istante in cui la bambola prende vita: una vera nascita, e quindi ho deciso di curarlo particolarmente e di dedicarmi singolarmente a ciascuno, in momenti differenti dalla lezione, in modo da poter avere intorno la giusta atmosfera. E così, grazie alla disponibilità del maestro di classe, uno alla volta i ragazzi concludono la loro bambola scegliendo il colore degli occhi e della bocca e poi ricamandoli sul volto. La posizione viene prima trovata con l’ausilio di tre spilli, perché anche fra occhi e bocca vive una forma geometrica che può essere riconosciuta e su cui appoggiarsi per realizzare un’espressione armoniosa.

In seguito viene utilizzato un ago lunghissimo, perché seguendo lo sviluppo reale dei nervi ottici, si attraversa la testa, si incrociano i fili, e si realizzano così pochi punti di ricamo che, quasi magicamente, regalano immediatamente vita e espressività al volto.

La bocca segue lo stesso procedimento. Ogni volta rimango incredula ed è tanta l’emozione nel sentire l’animo di un tredicenne che viene “toccato” da questo momento e che sorride per la prima volta alla sua bambola guardandola negli occhi. E’ quasi come se si presentassero l’un l’altro per la prima volta. E’ un frammento, ovviamente, parliamo di ragazzini e ragazzine che vivono una tappa antropologica che poco si concilia con questa intimità spontanea. Per questo sono davvero grata di poter essere accanto a loro in quell’istante magico.

L´ultima fase è la realizzazione dei vestiti in cui ciascuno manifesta la propria creatività. Alcuni più frettolosi, altri più precisi e creativi, tutti concludono la loro lavoro portando a termine un processo articolato e complesso, che mette in movimento tante diverse sfumatura del loro essere.

Sei mesi di lavoro, in cui si alternano momenti di presenza ad altri di distrazione, attimi di grande entusiasmo a fasi di disinteresse, scoraggiamento, opposizione. Tutto fa parte di questa nascita, e compito dell’educatore è proprio scorgere in tutte queste altalenanti manifestazioni, la possibilità di lavorare ad una astralità nascente, che prende confidenza con una dimensione fisica e animica in cui dovrà dimorare e crescere per il resto della vita.

La bambola che i ragazzi portano a casa può subire sorti differenti. Alcune restano su una mensola, altre vicino al letto o sul divano, alcune scompaiono in un cassetto. Credo che quello che ha nutrito il ragazzo sia il processo che lo ha condotto a quel risultato, mentre la relazione che ciascuno avrà in seguito con la “sua” bambola è davvero personale, ma ci tengo a ribadire che non è nata per giocare. Questo non vieta che qualcuno lo faccia, che si diverta a fare abiti e vestire la propria creatura a seconda delle stagioni, ma anche la bambola chiusa nel cassetto ha donato al suo creatore un’esperienza che rimarrà nel suo animo.

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