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Arte e artigianato in VI classe: lĀ“elefante

Il piano di studi della Scuola Waldorf nasce e si sviluppa a partire dalla conoscenza della natura dell’essere umano in divenire e quindi si accorda alle varie tappe evolutive che il bambino attraversa durante il suo percorso scolastico.

Il dodicesimo anno è un momento di crescita estremamente delicato, in cui grandi trasformazioni hanno luogo nel fisico e nell’interiorità dei ragazzi e l’attività manuale, orientata ad un lavoro mirato, aiuta a dare forma a quello che vive nella loro anima.

Il sistema scheletrico si allunga, mani, piedi, femori… tutto cresce, il corpo diventa sempre più pesante e terreno ed attraverso il lavoro degli arti, il giovane può cercare il suo nuovo baricentro e risvegliare la sua individualità.

In sesta classe le varie discipline scolastiche si orientano a nutrire ed educare un nascente pensiero Iogico e causale; da un approccio più qualitativo dei fenomeni, si passa ad un’indagine anche quantitativa. Viene introdotta l’epoca di fisica, si affrontano i misteri della mineralogia, tutto si orienta all’educazione della tappa di crescita che i ragazzi vivono, e così anche l’attività artigianale si trasforma.

Il lavoro manuale, la falegnameria e l’agricoltura rappresentano tre ambiti che, da diversi punti di vista, sono dedicati ai medesimi obiettivi ovvero:

L’educazione delle forze di volontà, ancora fortemente legate al fisico ed ai differenti stati d’animo, che devono diventare, con il tempo, disponibili alla realizzazione del progetto che ciascuno ha nella propria vita.

La cura dello spazio che si sta venendo a creare nell’interiorità, dove le varie emozioni possono vivere e si preparano a dare corpo alla vita di sentimento dell’adolescenza.

REALIZZAZIONE DI UN ANIMALE IN TESSUTO

Nel lavoro manuale di sesta classe gli obiettivi educativi prendono forma attraverso la realizzazione di un animale in tessuto, cucito a mano ed imbottito di lana cardata; un processo lungo ed articolato, che mette in gioco abilità e qualità nuove per i ragazzi, come l’accuratezza nel rilievo del modello e la precisione nelle fasi di cucitura.
Inoltre viene così educato un nuovo sguardo più scientifico ed oggettivo, ed una diversa relazione con l’animale, elemento che attraversa tutto il piano di studi e la vita dei bambini.
Fin dalla prima infanzia l’animale ha abitato in favole e racconti ed il bambino piccolo è diventato….gatto, topo, cane, farfalla, nei suoi momenti di gioco libero.
In seconda classe il maestro porta incontro la polarità fra l’animale, completamente legato al suo istinto, e l’uomo, portando come immagine la vita dei Santi: uomini che hanno superato queste unilateralità e saputo agire liberamente in modo esemplare e morale. Nel lavoro manuale quindi si realizzano morbidi animali ai ferri che diventano compagni di gioco amati dai bambini.
In quarta classe arriva come materia la zoologia, che porta ad una osservazione più “scientifica” attraverso la quale si nutre un vivo interesse per la conoscenza. Gli animali sono messi in relazione all’essere umano, archetipi di forze che assumono forme differenti, ma che non hanno la libertà di esprimersi, perché fortemente legati all’istinto.
In sesta classe, infine, l’approccio è ancora differente e risponde al momento evolutivo del ragazzo; se da un lato cresce il desiderio di informazioni scientifiche, dall’altro inizia a nascere una sfera più intima, l´astralità si libera e la sessualità muove brame che vanno in qualche modo rese manifeste e trasformate.

L’animale è completamente subordinato al suo istinto ma ha un’anima pura; i ragazzi possono relazionarsi con elementi istintivi caratteristici senza che vi sia un giudizio “moralistico”, affrontare le conseguenze dei vari impulsi e sentire come l’uomo invece abbia la possibilità di decidere liberamente se seguirli o se trasformali in strumenti al servizio di un compito. Tutto questo accompagna il ragazzo nel suo percorso di individualizzazione e crescita.

La scelta di un animale piuttosto che di un altro non è casuale, né determinata da un piacere personale o da consuetudini, ma è il frutto di una riflessione profonda, che si basa su fondamenti antropologici e sulle caratteristiche peculiari dei ragazzi. La scelta non si basa mai su caratteristiche esteriori dell’animale, ma su qualità dell’anima.
Ogni corpo classe rappresenta una comunità, con qualità, tratti e inclinazioni particolari; la decisione di concentrarsi sull’elefante affonda le sue radici in un lavoro fatto in collaborazione con il maestro di classe, per cercare le qualità che possono essere più educative ed adatte a questa compagine di esseri umani in divenire.


ESPERIENZA PRATICA IN CLASSE


Il processo di realizzazione di un animale occupa una prima metà della classe per il primo quadrimestre e l’altra metà nel secondo. Tre ore a settimana, per entrare nel processo e portarlo a compimento, senza diluirla troppo nell’anno scolastico perché l’esperienza ci ha insegnato che, ad un certo punto, è difficile per i ragazzi rimanere collegati così a lungo. 
Il percorso in classe è iniziato con il racconto della “Parabola dei sei ciechi”, un’antica storia originaria dell’India. 

La parabola dei sei ciechi e l’elefante

C’erano una volta sei saggi che vivevano insieme in una piccola città.
I sei saggi erano ciechi. Un giorno fu condotto in città un elefante. I sei volevano conoscerlo, ma come avrebbero potuto?
“Io lo so”, disse il primo saggio, “ lo toccheremo.”
“Buona idea”, dissero gli altri ,”così sapremo com’è un elefante.”
I sei andarono dall’elefante.
Il primo gli toccò l’orecchio grande e piatto. Lo sentì muoversi lentamente avanti e indietro. “L’elefante è come un ventaglio”, proclamò.
Il secondo toccò le gambe dell’elefante. “E’ come un albero”, affermò.
“Siete entrambi in errore”, disse il terzo. “L’elefante è simile a una fune”. Egli stava toccando la coda dell’elefante.
Subito dopo il quarto toccò con la mano la punta aguzza della zanna. ” L’elefante è come una lancia”, esclamò.
“No, no”, disse il quinto, “è simile ad un’alta muraglia”. Aveva toccato il fianco dell’elefante. Il sesto aveva afferrato la proboscide. “Avete torto”, disse, “l’elefante è come un serpente”.
“No, come una fune”.
“Serpente!”
“Muraglia!”
“Avete torto!” “Ho ragione!”

I sei ciechi per un’ora continuarono a urlare l’uno contro l’altro e non riuscirono a scoprire come fosse fatto un elefante!

L’obiettivo era catturare l’attenzione dei ragazzi, con una piccola storia dal significato molto profondo. L’abbiamo letta più volte ed anche recitata in classe e, senza bisogno di spiegazioni, il messaggio è arrivato limpido. Accogliere attraverso una metafora che la verità delle cose è sempre frutto di punti di vista differenti è stato toccante, così come le riflessioni sul fatto che la condivisione di quei punti di vista è l’unica strada che apre la porta alla vera conoscenza.

I passaggi successivi avevano l’obiettivo di far entrare i ragazzi nelle forme dell’animale, nella sua struttura generale, nella sua imponenza, ma anche nel dettaglio delle linee e nelle proporzioni. Grazie all’aiuto della Maestra di classe abbiamo svolto un’attività di disegno a carboncino, in bianco e nero, che grazie alle caratteristiche del materiale e della tecnica utilizzata, ha dato la possibilità di generare sfumature e di trovare le forme partendo dal movimento.


Questo ha messo in relazione più intima ogni alunno con la natura e con alcune caratteristiche morfologiche dell’animale, con uno sguardo decisamente più scientifico.

La curvatura della schiena, la proporzione fra le varie parti, la forma del muso, le grandi orecchie, la misura della coda, la nodosità delle zampe, la grande pancia, la proboscide e l’equilibrio fra tutte queste parti.

Successivamente, con l’aiuto della maestra d’arte e della maestra di classe, abbiamo realizzato un’esperienza di modellaggio della creta. È stato molto intenso e faticoso maneggiare una grande quantità di materiale, dare forma lentamente partendo dalla mole dell’animale, cercare i punti da alleggerire e quelli da rinforzare, i pieni ed i vuoti, i concavi ed i convessi… 


Alla fine i ragazzi erano soddisfatti, molti hanno creato piccole famigliole con cuccioli di elefante.

Il risultato, da un punto di vista pedagogico, è stato un processo creativo che ha davvero fatto sperimentare la natura di questo pachiderma, ed ha così messo le basi per poter poi portare il tutto su un piano bidimensionale, necessario al progetto.

Da qui infatti abbiamo iniziato il percorso più tecnico, con il rilievo dal disegno di un cartamodello e con il successivo taglio del tessuto. 



Creare un volume che poi andrà riempito ha una stretta risonanza con il momento di crescita che i ragazzi stanno vivendo, perché anche in loro si crea finalmente lo spazio per una interiorità, che sarà unica per ciascuno e che ciascuno dovrà imparare a conoscere.

Una volta imbastito e cucito l’involucro siamo passati a quello che è uno dei momenti più significativi di questo processo: la creazione dei “muscoli”. Abbiamo infeltrito della lana arrotolandola su un cacciavite per creare dei veri e propri “arti” da inserire poi all’interno dell’imbottitura per dare l’appoggio, la stabilità, la forza all’elefante, elementi che distinguono questo manufatto da tutti gli animaletti giocattolo realizzati in precedenza.




Sono venute le vesciche alle mani per quanto è stato faticoso raggiungere una certa rigidità del muscolo! Gli arti sono stati infine posizionati correttamente dentro alla sagoma delle zampe, in modo da rendere ben visibili le articolazioni. Anche questa fase si collega a quello che vive un ragazzo di 12 anni, che è coinvolto da un allungamento scheletrico a cui i muscoli si ancorano, per trovare un giusto “appoggio” sulla terra.

Alla fine abbiamo chiuso il tutto ed applicato la coda e le grandi orecchie. È sempre molto interessante notare come piccoli particolari, come l’attaccatura delle orecchie, siano responsabili di un grande cambiamento nell’aspetto animale.

L’ultimo giorno abbiamo riletto la parabola dei sei ciechi, e dopo qualche ultimo accessorio ed addobbo, abbiamo allestito un bel tavolo, utilizzando alcune pitture sull’Africa della settima classe, per creare un po’ di atmosfera.



Un tempo lontano, quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali (…) vidi un magnifico disegno. Rappresentava un serpente boa nell’atto di inghiottire un animale. (…) Meditai a lungo sulle avventure della giungla. E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno. Il mio disegno numero uno.(…) Mostrai il mio lavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava. Ma mi risposero: “Spaventare? Perché mai uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?”
Il mio disegno non era il disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che digeriva un elefante.

(Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe)

Così vorrei concludere l’anno, così immagino una ultima ora a classe intera, a giugno, prima dell´arrivo dell´estate, in modo da lasciare ai ragazzi uno stimolo ad educare uno sguardo che supera la superficie.

Come sempre accade in questa pedagogia, ogni esperienza ha un valore “formativo” e non “informativo” e quello che conta davvero non è il risultato finito, ma il processo attraversato per realizzarlo.

M. Raffaella Cora


Per leggere approfondimenti sul tema
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