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XXl secolo: pubertà e tecnologia

Cosa vuol dire essere adolescenti in età odierna?

Ogni individuo vive l’arrivo dell’età adolescenziale con scalpitazione, poiché da tutti gli adulti viene raccontata come il periodo e gli anni migliori. Ma è realmente così?

L’adolescenza è una fase di transizione che ogni uomo affronta prima di immergersi all’interno del mondo adulto. È in realtà percepito da ognuno, nel momento in cui lo si vive, come un periodo molto difficile.
Essere adolescenti comporta molti cambiamenti nella vita: sia a livello fisico che psicologico. Inoltre, è solito per un uomo in piena pubertà affrontare la quotidianità con insicurezza e inquietudine. Soprattutto per coloro che la stanno vivendo in questo arco temporale.  Essi sono in continua contestazione con il mondo e devono affrontare le loro problematiche confrontandosi con una società che non sempre è d’aiuto e sostegno.
Proprio perché si è a metà strada tra infanzia e vita adulta, la maggior parte degli adolescenti non ha ancora raggiunto una vera e propria sicurezza, una centralità, una personalità.
Ciò significa essere facilmente influenzabili da tutto ciò che li circonda: dal mondo dello spettacolo, della musica, piuttosto che in ambito politico e così via. Chi approfitta maggiormente di questa debolezza sono i mass media.
Argomentando da un punto di vista personale, questa grande sfera tecnologica che riempie le nostre giornate è paragonabile ad una sorta di grande mondo parallelo da cui l’uomo è molto affascinato, a tal punto da ritenerlo fondamentale. 
Il grande problema è che non ci rendiamo conto fino in fondo dei danni che può causare la tecnologia, se usata in maniera frivola ed esagerata.
Ho letto vari articoli inerenti a tale argomento, ho osservato il rapporto che i miei coetanei hanno con essa, quello che inconsciamente ho anche io, e sono sempre più dell’idea che questa grande “realtà” digitale sta via via disgregando i rapporti umani. 
Viviamo in una società in cui davanti allo schermo, una persona si presenta in un certo modo, esponendo ciò che di più affascinante e positivo trova in sé, ma non appena si deve confrontare con la vita pratica, reale, ecco che appaiono le debolezze, le paure e le insicurezze sia fisiche che non.


Il mondo tecnologico è l’approdo della felicità virtuale

Antonio Piotti, psicoterapeuta, ha affrontato una grossa problematica sociale, che mi ha colpito piuttosto negativamente. L’ho percepito come un netto fallimento della società odierna.
Mi sto riferendo a quella porzione di mondo soggetta ad una vera e propria patologia tecnologica, le cui “vittime” vengono denominate kikimori. 
I kikimori sono coloro che decidono di chiudersi in camera per mesi, anni, addirittura per tutta la durata della loro vita, perché non riescono a sostenere la mania di complicità del mondo odierno. In loro prevale un grande senso di vergogna che aumenta nel momento in cui le aspettative che si erano creati sul mondo reale vengono deluse. 
L’unica strada per escludersi dal mondo e trovare quindi un apparente equilibrio in se stessi, loro ritengano che sia la rete. Di questi casi se ne contano sempre di più anche in Europa, stimandone più o meno 30/40.000. In Giappone, invece, dove si sono verificati i primi casi patologici, se ne contano più di 500.000. 
Non più drammatica è la situazione di quei ragazzi che hanno una visione talmente distorta della tecnologia che, illusi di essere protetti dietro a uno schermo, possono diventare impulsivi, superficiali e talvolta dannosi per gli altri a tal punto da generare degli attacchi di Cyberbullismo. Termine coniato nel 2002 dall’educatore Bill Belsey.
Dopo un sondaggio svolto in questi ultimi mesi, è stato affermato che già all’età di tredici anni, il 35% dei ragazzi ammette di aver subito violenza virtuali e ben oltre il 54% di avere amici vittime di tale tragedia psicologica. 
Per non parlare poi del sexting e della prostituzione online.

Nel XXl secolo si può dunque render noto quanto pericolosa stia diventando questa situazione. Sebbene inizialmente fosse l’uomo a governare la tecnologia, oggigiorno tale rapporto si è completamente invertito. L’uomo stesso non ha più nessuna autorità e consapevolezza a riguardo. Siamo tutti metaforicamente paragonabili a delle marionette, crediamo di essere liberi quando invece è esattamente il contrario.
  
Per questo motivo sono certa nell’affermare che, se si vuole dare una svolta generazionale, il problema non deve più essere risolto o preso per le mani dagli organi di potere. Essi non fanno altro che imporre regole e intervenire se esse non vengono rispettate.
L’uomo secondo me non ha più bisogno solo di questo: non deve essere punito, ma educato, affinché lui stesso abbia la consapevolezza e la capacità di giudicare con maturità le proprie azioni.

Solamente nel momento in cui l’umanità avrà questo tipo di mentalità si potrà sperare in un futuro migliore. Per se stessi  e per gli altri.

Gioia - XII

Bibliografia:
http://www.psychomedia.it/pm/telecomm/massmedia/chiapasco-cario.pdf
http://espresso.repubblica.it/visioni/societa/2015/06/17/news/hikikomori-gli-adolescenti-chiusi-in-una-stanza-il-disagio-giapponese-dilaga-in-italia-1.217500


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