News

Da paradiso terrestre ad apocalisse climatica

“Il suo ruggito pareva la voce fredda di un fantasma nei film di paura”, così recita un post caricato 42 ore dopo il passaggio dell’uragano sull’isola caraibica di St. Martin da un amico d’infanzia dei miei genitori, che da anni vive nella parte francese dell’atollo; ad esso facevano da cornice tre foto precedenti la devastazione, immagini che parlano da sole, ritratto di una devastazione in arrivo, dalla quale non si può fuggire.



Ci troviamo a St. Martin, un’isola da sogno nel bel mezzo dell’Mar dei Caraibi, tra palme e spiagge bianche immacolate. E´ il 6 settembre 2017 quando Irma, il più intenso uragano “capoverdiano” (creatosi al largo di Capo verde) osservato nell’oceano Atlantico dal 2007, nonché il più potente a colpire gli Stati Uniti dopo Katrina (2005), investe con una forza di 295 Km/h Barbuda, St. Martin, e le isole vergini britanniche, lasciando dietro di sé una grande desolazione.

Per procedere ora è indispensabile porsi delle domande:
o Esistono metodi per evitare queste calamità? 
o Esistono tecniche in fase di costruzione di un edificio in grado di limitare i danni di un tale evento climatico? 
o Può una cittadina investita da un uragano riprendersi completamente dopo il suo passaggio?

Le risposte a queste domande si trovano nell’progresso tecnologico mondiale, che giorno dopo giorno cerca di trovare soluzione ai problemi che da sempre si presentano.

Molti rispondono alla prima domanda in maniere diverse, spesso fornendo motivazioni legate alle proprie convinzioni. Andando a guardare le tesi esposte da riviste scientifiche, si può osservare come esse, scartata l’ipotesi di deviare il percorso del tifone (chimera irraggiungibile ai giorni nostri), indichino come strada di maggior importanza il fattore prevenzione, ossia lo sviluppo di una tecnologia in grado di fornire in minor tempo possibile la notizia della calamità in arrivo, così da poter evacuare le zone interessate. Se invece si volge lo sguardo verso tesi formulate da esponenti del settore soccorsi, si nota come essi pongano come primo passo il fattore “educazione del cittadino” e su ciò che deve essere svolto dopo la distruzione (approvvigionamenti, soccorsi per feriti, ecc.).

L’insieme delle due, per come la vedo io, è la soluzione migliore, ossia avere cittadini formati per sostenere un tale evento, avere la possibilità di evacuare più gente possibile e fornire gli aiuti necessari a chi ne ha bisogno. Un esempio significativo di come l’informazione e la prevenzione siano fondamentali, lo troviamo in Texas dove migliaia e migliaia di utenti Facebook e Twitter hanno condiviso e cliccato le richieste di aiuto e ospitalità fatte da coloro che sono stati costretti a fuggire dalle loro abitazioni. Oltre a questo, per rispondere alla seconda domanda, si aggiungono soluzioni di carattere infrastrutturale, ossia tecnologie (come reti intelligenti, sistemi di automazione, ecc.), che permettono agli edifici di avere una maggiore resilienza, una sorta d’investimento a lungo termine, che permette di abbattere i costi di ristrutturazione post disastro.

Per trovare soluzione al terzo quesito, basta guardarsi alle spalle, pensando al devastante uragano Katrina, che nel 2005 spazzò via più dell’80% degli edifici di New Orleans, 1833 furono le vittime, e più di 400 mila le persone evacuate.

Oggi a distanza di 12 anni, la città pare risorta, moltissimi nuovi locali e bar continuano ad essere aperti ogni anno, molti quartieri hanno riacquistato almeno il 90% della popolazione precedente il 2005, in molti altri vive più gente di quella residente prima della devastazione. In media, al giorno d’oggi, la città ha recuperato l’80% della popolazione che possedeva prima del passaggio di Katrina.

Tuttavia molti sono stati costretti a fuggire, a cominciare una nuova vita altrove, lasciandosi alle spalle le loro vicende, lasciando la storia di una delle città con più cultura e memorie di tutti gli Stati Uniti. Una storia spazzata via dai venti e dalle acque.

Ed infatti sotto la patina opaca della ripresa si trova l’altra faccia della medaglia, quartieri disabitati, bui, e con ancora i segni di ciò che è stato. La ripresa è stata solo per alcuni, i poveri di allora si sono fatti ancora più poveri, e solo i ricchi ed i benestanti hanno potuto gioire della resurrezione.

Quindi la vera risposta alla domanda non sta nelle potenzialità che una cittadina possiede per riprendersi, ma nel come questa viene portata avanti e da chi. Una ricostruzione che parte dall’alto porterà vantaggi solo a chi ha finanziato la “rinascita”, impoverendo ulteriormente i gradini più bassi. Una ripresa che viene dal basso, invece, genera equità. Ma in qualsiasi modo questa avvenga sono necessari aiuti, fondi dall’esterno e tanta forza di volontà.

Le calamità naturali sono fenomeni che ci attendono dietro l’angolo, e l’unica cosa che possiamo fare è prepararci ad affrontarli. Le armi che l’umanità pone nelle nostre mani sono tecnologia e ingegneria, ma quelle che molto spesso fanno la differenza sono a portata di tutti, basta impugnarle. Altruismo, Carità, Coraggio, Forza di volontà e disposizione al Sacrificio, queste sono le arti che trasformano l’apocalisse in miracolo.

di Leonardo - XII cl.

CALENDARIO

clicca l´immagine per l´area dedicata
  

clicca per il sito
hermmes.eu

Vuoi essere informato sulle attività inerenti alla nostra Associazione?
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

 Guarda il filmato